A cura di Rossella Santonicola
La responsabilità disciplinare trova la sua fonte, da un lato, nell’articolo 28 della Costituzione [1] che si preoccupa di sanzionare la violazione dei diritti perpetrata da atti delle amministrazioni affermando le conseguenti responsabilità dei funzionari e dei dipendenti, e dall’altro lato nell’articolo 97 della Costituzione che tratta di responsabilità statuendo che “nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari”. Il nuovo assetto della responsabilità disciplinare è significativo in quanto non riguarda più soltanto i “cattivi comportamenti” dei dipendenti pubblici, ma tutte le ipotesi di “cattiva amministrazione” che si riversano in disfunzioni dell’agire amministrativo. [2]
Inoltre, l’articolo 55 sexies del decreto legislativo 165/2001 rubricato “Responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per l’amministrazione e limitazione della responsabilità per l’esercizio dell’azione disciplinare”, aggiunto dal decreto legislativo 150 del 2009 recante disposizioni in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni (cd. Riforma Brunetta) ha riguardo alle trasgressioni ed inefficienze a carico dei funzionari delle pubbliche amministrazioni.
Il primo comma del suddetto articolo, modificato dal decreto legislativo n. 75 del 25 maggio 2017 in materia di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni, prevede che “La violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa, che abbia determinato la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno, comporta comunque, nei confronti del dipendente responsabile, l’applicazione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, in proporzione all’entità del risarcimento, salvo che ricorrano i presupposti per l’applicazione di una più grave sanzione disciplinare”.
Degno di rilievo è inoltre il terzo comma dell’articolo 55 sexies del decreto legislativo 165/2001, anch’esso modificato nel 2017 e che ha riguardo, invece, ai casi di “mancato esercizio o decadenza dell’azione disciplinare dovuti all’omissione o al ritardo, senza giustificato motivo degli atti del procedimento disciplinare, inclusa la manifestazione di cui all’articolo 55 bis comma 4 […] comporta, per i soggetti responsabili, l’applicazione della sospensione dal servizio fino ad un massimo di tre mesi salva la maggiore sanzione del licenziamento […].Tale condotta, per il personale con qualifica dirigenziale o titolare di funzioni o incarichi dirigenziali, è valutata anche ai fini della responsabilità di cui all’articolo 21 del presente decreto. Ogni amministrazione individua preventivamente il titolare dell’azione disciplinare per le infrazioni di cui al presente comma commesse da soggetti responsabili dell’ufficio di cui all’articolo 55-bis, comma 4.” Si rileva a tal fine che il presente comma ha riguardo alla responsabilità dirigenziale, che così come risulta dal presente comma non è meramente facoltativa ma obbligatoria. La teoria dell’obbligatorietà dell’azione disciplinare è altresì desunta dall’articolo 55 bis comma 7 del d.lgs 165/2001 che prevede l’obbligo del dipendente o dirigente che è a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in corso, di prestare collaborazione all’autorità disciplinare, salvo la ricorrenza di un giustificato motivo. La responsabilità disciplinare per i dirigenti (cd. dirigenziale) è stata inserita per la prima volta nell’art. 21 del T.U. n. 165 del 2001 che tuttavia, faceva rinvio alla contrattazione collettiva, risultando a quel tempo già delegificata la materia. [3] Essenziale è la pubblicizzazione dei posti dirigenziali attraverso la pubblicazione su un’apposita banca dati realizzando una effettiva trasparenza che faccia emergere la professionalità di ogni singolo dirigente. I dirigenti sono soggetti alla cd. responsabilità dirigenziale che comporta l’impossibilità di rinnovo dell’incarico nell’ipotesi di mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso le risultanze di un complesso sistema di valutazione previsto dal d.lgs. 150/2009 (si segnala che gli incarichi dirigenziali sono a tempo determinato, per una durata che deve essere correlata agli obblighi prefissati, ma non più essere inferiore a tre né superiore a cinque anni e sono rinnovabili) o di inosservanza delle direttive generali imputabili al dirigente. In breve, la responsabilità dirigenziale è integrata dal mancato raggiungimento degli obiettivi e dall’inosservanza delle direttive, in quanto imputabili al dirigente. La responsabilità dirigenziale, diversamente dalle altre forme di responsabilità, non tende all’applicazione di ‘sanzioni’ propriamente intese, o comunque a conseguenze di tipo afflittivo o risarcitorio per il dipendente, quanto piuttosto a consentire all’Amministrazione di ovviare ad eventuali malfunzionamenti attraverso la tempestiva rimozione del dirigente che si sia dimostrato inidoneo alla funzione, in quanto non in grado di raggiungere risultati prefissati.
Infine, il comma 4 dell’articolo 55 sexies del decreto legislativo 165 del 2001 stabilisce che “la responsabilità civile eventualmente configurabile a carico del dirigente in relazione a profili di illiceità nelle determinazioni concernenti lo svolgimento del procedimento disciplinare è limitata, in conformità ai principi generali, ai casi di dolo o colpa grave”. La ratio di tale ultimo comma sembra ravvisarsi nella circostanza per cui la responsabilità disciplinare è una responsabilità soggettiva con fondamento civilistico in quanto si basa sul presupposto che un dato comportamento sia imputabile all’attore a titolo di dolo o colpa.
[1] I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti.In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici. Art. 28 Cost.
[2]D’ALTERIO E., Le regole di comportamento dei dipendenti pubblici, saggi a cura di DEL VECCHIO A., SEVERINO P., in Il contrasto della corruzione nel diritto interno ed internazionale, CEDAM, 2014, pag. 321. [3]FOÀ S., BIOLETTO M., Responsabilità disciplinare della dirigenza pubblica tra sanzioni contrattuali e moralizzazione ex lege, in Il Piemonte delle autonomie- rivista quadrimestrale di scienze dell’amministrazione, anno II, numero I, 2015.