A cura di Rossella Santonicola
La mobilità, insieme agli interventi in materia di reclutamento e di dotazioni organiche, è una delle leve principali su cui agire per governare in modo efficace le politiche di gestione del personale nelle pubbliche amministrazioni. Tale è la spiegazione della mobilità fornita dal sito del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione.
L’articolo 30 del d.lgs. 165/2001 statuisce che “le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di cui all’articolo 2, comma 2, appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell’amministrazione di appartenenza. Le amministrazioni, fissando preventivamente i requisiti e le competenze professionali richieste, pubblicano sul proprio sito istituzionale, per un periodo pari almeno a trenta giorni, un bando in cui sono indicati i posti che intendono ricoprire attraverso passaggio diretto di personale di altre amministrazioni, con indicazione dei requisiti da possedere. In via sperimentale e fino all’introduzione di nuove procedure per la determinazione dei fabbisogni standard di personale delle amministrazioni pubbliche, per il trasferimento tra le sedi centrali di differenti ministeri, agenzie ed enti pubblici non economici nazionali non è richiesto l’assenso dell’amministrazione di appartenenza, la quale dispone il trasferimento entro due mesi dalla richiesta dell’amministrazione di destinazione, fatti salvi i termini per il preavviso e a condizione che l’amministrazione di destinazione abbia una percentuale di posti vacanti superiore all’amministrazione di appartenenza. Per agevolare le procedure di mobilità la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica istituisce un portale finalizzato all’incontro tra la domanda e l’offerta di mobilità”. I casi a cui fa riferimento l’articolo di cui si tratta riguardano quelli governati dal codice civile (capo I, titolo II, libro V), e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa.
Lo stesso articolo specifica che non è richiesto, in via sperimentale e fino all’introduzione di nuove procedure per la determinazione dei fabbisogni delle amministrazioni pubbliche, l’assenso dell’amministrazione di appartenenza per il trasferimento tra le sedi centrali di differenti ministeri, agenzie ed enti pubblici non economici nazionali; questa amministrazione dispone il trasferimento entro due mesi dalla richiesta dell’amministrazione di appartenenza.
Il comma 2 dell’articolo 30 del d.lgs. 165/2001 specifica che “i dipendenti possono essere trasferiti all’interno della stessa amministrazione o, previo accordo tra le amministrazioni interessate, in sedi collocate nel territorio dello stesso Comune ovvero a distanza non superiore a cinquanta chilometri dalla sede cui sono adibiti”. Non si applica il terzo periodo del primo comma dell’articolo 2103 cc. In altri termini, si prescinde dalle ragioni tecniche, produttive ed organizzative previste da questo articolo e da qualsivoglia motivo di ordine oggettivo.
Il comma 2 bis prevede poi che le amministrazioni, prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti nell’organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui si è detto, provvedendo, prioritariamente, all’immissione in ruolo dei dipendenti provenienti da altre amministrazioni in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio. Il trasferimento è disposto nei limiti dei posti vacanti con riferimento all’area funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di appartenenza. Si precisa che l’articolo 11 comma 1 del decreto legislativo 25 novembre 2016, ha disposto che tale comma non si applica ai ricercatori ed enti tecnologici.
Sul tema si segnala la delibera ANAC n. 13 del 4 febbraio 2015 con cui l’Autorità ha fornito indicazioni generali rivolte a tutte le amministrazioni, il quale specifica che la rotazione del personale è adottata dalle pubbliche amministrazioni quale misura di arricchimento del bagaglio professionale del pubblico dipendente e come misura di efficienza dell’organizzazione degli uffici. Tali motivazioni sono anche inserite all’interno della legge 190/2012 all’articolo 1 comma 4 lettera e), che statuisce che la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche preveda misure per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione e misure per evitare sovrapposizioni di funzioni e cumuli di incarichi nominativi in capo ai dirigenti pubblici; comma 5 lettera b) attraverso la previsione delle trasmissione, da parte delle pubbliche amministrazioni centrali al Dipartimento della funzione pubblica, di procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione; e comma 10 lettera b) che prevede che il Responsabile della prevenzione e della trasparenza provveda alla verifica dell’effettiva rotazione negli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione. La delibera n. 13 del 2015 spiega poi che la rotazione del personale maggiormente esposto ai rischi di corruzione è misura fondamentale di prevenzione della corruzione.
La motivazione per cui la rotazione è rimessa alla autonoma determinazione delle amministrazioni risiede nella conoscenza di queste delle esigenze organizzative dei propri uffici. I limiti che la rotazione incontra sono da un lato oggettivi e risiedono nella necessità di assicurare il buon andamento e la continuità dell’azione amministrativa e di garantire la qualità delle competenze professionali necessarie per lo svolgimento di attività specifiche, perciò sono da evitare i casi di rotazione che diano luogo a sottrazione di competenze professionali specifiche da uffici cui sono affidate attività ad elevato contenuto tecnico. Dall’altro i limiti soggettivi, invece, hanno riguardo ai diritti individuali dei dipendenti soggetti alla misura e ai diritti sindacali, la rotazione deve infatti contemperare esigenze di tutela oggettiva dell’amministrazione (prestigio, imparzialità e funzionalità) e tali diritti.
La delibera ANAC numero 12 del 28 ottobre 2015 ha stabilito che “la rotazione del personale è considerata quale misura organizzativa preventiva finalizzata a limitare il consolidarsi di relazioni che possano alimentare dinamiche improprie nella gestione amministrativa, conseguenti alla permanenza nel tempo di determinati dipendenti nel medesimo ruolo o funzione. L’alternanza riduce il rischio che un dipendente pubblico, occupandosi per lungo tempo dello stesso tipo di attività, servizi, procedimenti ed instaurando relazioni sempre con gli stessi utenti, possa essere sottoposto a pressioni esterne o possa instaurare rapporti potenzialmente in grado di attivare dinamiche inadeguate. […] La rotazione è una tra le diverse misure che le amministrazioni hanno a disposizione in materia di prevenzione della corruzione. Il ricorso alla rotazione deve, infatti, essere considerato in una logica di necessaria complementarietà con le altre misure di prevenzione della corruzione specie laddove possano presentarsi difficoltà applicative sul piano organizzativo. […]”
Infine, il PNA-Piano Nazionale Anticorruzione 2017 mira alla rotazione degli incarichi quale un criterio di trasparenza. Dunque, a seguito delle menzioni che questo strumento ha avuto nei Piani Nazionali Anticorruzione, si rileva come esso sia un mezzo preventivo a cui l’ANAC fa specifico riferimento per evitare accordi collusivi all’interno delle amministrazioni pubbliche. Accordi illeciti che spesso hanno la loro fonte in dinamiche interne causate della lunga permanenza del medesimo personale all’interno dello stesso ufficio.